La sentenza verte sull'interpretazione della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, in materia di appalti pubblici, alla luce del principio generale di proporzionalità. La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata proposta dal Consiglio di Stato alla CGUE nell'ambito di una controversia tra, da un lato, la Rad Service Srl Unipersonale, la Cosmo Ambiente Srl e la Cosmo Scavi Srl, riunite in seno al raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) Rad Service (in prosieguo: l'«RTI Rad Service») e, dall'altro, la Del Debbio SpA, il Gruppo Sei Srl, la Ciclat Val di Cecina Soc. Coop. (in prosieguo: l'«RTI Del Debbio») nonché il raggruppamento temporaneo di imprese costituito dalla DAF Costruzioni Stradali Srl, la GARC SpA e l'Edil Moter Srl (in prosieguo: l'«RTI Daf»), in merito alla decisione dell'Azienda Unità Sanitaria Locale Toscana Centro (Italia) di escludere l'RTI Del Debbio da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori.
L'esclusione dell'RTI Del Debbio è stata motivata dalla presentazione di una dichiarazione dell'impresa ausiliaria che non menzionava un patteggiamento, vale a dire una sentenza di applicazione della pena su richiesta congiunta delle parti, pronunciata nei confronti del titolare e rappresentante legale dell'impresa il 14 giugno 2013 e passata in giudicato l'11 settembre 2013. Il giudice del Lussemburgo ricorda che, in diritto italiano, il patteggiamento sarebbe espressamente equiparato, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, ad una sentenza di condanna relativa al reato di lesioni colpose, commesso in violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. L'amministrazione aggiudicatrice ha pertanto ritenuto che l'impresa ausiliaria avesse fornito una dichiarazione falsa e non veritiera alla domanda contenuta nel DGUE, diretta a stabilire se essa si fosse resa responsabile di gravi illeciti professionali, di cui all'articolo 80, comma 5, lettera c), del Codice dei contratti pubblici. Di conseguenza, l'amministrazione aggiudicatrice ha ritenuto che l'RTI Del Debbio dovesse essere automaticamente escluso dalla procedura, ai sensi dell'articolo 80, comma 5, lettera f-bis), e dell'articolo 89, comma 1, del medesimo Codice. Dopo che il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Italia) ha annullato, tramite due sentenze, l'esclusione dell'RTI Del Debbio e dell'RTI Daf, l'RTI RAD Service ha impugnato tali sentenze dinanzi al giudice del rinvio, ossia il Consiglio di Stato (Italia).
In tale contesto, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 63 della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l'articolo 57, paragrafo 4, lettera h), e paragrafo 6, di tale direttiva e alla luce del principio di proporzionalità, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale l'amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora un'impresa ausiliaria, sulla cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non veritiera quanto all'esistenza di condanne penali passate in giudicato, senza poter imporre o, quantomeno, senza poter permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto, contrariamente a quanto previsto nelle altre ipotesi in cui i soggetti sulle cui capacità si affida l'offerente non soddisfano un criterio pertinente di selezione o nei confronti dei quali sussistono motivi di esclusione obbligatori.
Secondo la Corte, anzitutto, ai sensi dell'articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, terza frase, della direttiva 2014/24, l'amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro cui appartiene a imporre che l'operatore economico interessato sostituisca il soggetto sulla cui capacità esso intende fare affidamento, ma nei confronti del quale sussistono motivi di esclusione non obbligatori. Dalla formulazione di quest'ultima frase emerge quindi che, sebbene gli Stati membri possano prevedere che, in un'ipotesi del genere, l'amministrazione aggiudicatrice sia tenuta ad imporre una siffatta sostituzione a tale operatore economico, essi non possono, per contro, privare detta amministrazione aggiudicatrice della facoltà di esigere, di propria iniziativa, una siffatta sostituzione. Gli Stati membri dispongono infatti solo della possibilità di sostituire tale facoltà con un obbligo, per l'amministrazione aggiudicatrice, di procedere a una siffatta sostituzione. La Corte ritiene che una tale interpretazione contribuisce a garantire il rispetto del principio di proporzionalità da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, in forza del quale le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito dell'attuazione delle disposizioni di detta direttiva non devono andare oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da quest'ultima.
La Corte aggiunge che conformemente all'articolo 57, paragrafo 6, quarto comma, della direttiva 2014/24, un operatore economico escluso con sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti o di attribuzione di concessioni non è certamente autorizzato, nel corso del periodo di esclusione fissato da tale sentenza negli Stati membri in cui la sentenza produce i suoi effetti, ad avvalersi delle misure correttive da esso adottate a seguito di tale sentenza e, di conseguenza, a evitare l'esclusione se tali prove sono giudicate sufficienti; tuttavia, quando una sentenza definitiva esclude dalla partecipazione a procedure di aggiudicazione di appalti o di attribuzione di concessioni un soggetto sulle cui capacità l'offerente intende fare affidamento, l'offerente deve poter, in tal caso, essere autorizzato dall'amministrazione aggiudicatrice a procedere alla sostituzione di tale soggetto.
Infine la Corte rammenta il considerando 101 della direttiva citata, ai sensi del quale, nell'applicare motivi di esclusione facoltativi, le amministrazioni aggiudicatrici devono prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità; tale attenzione deve essere ancora più elevata qualora l'esclusione prevista dalla normativa nazionale colpisca l'offerente non per una violazione ad esso imputabile, bensì per una violazione commessa da un soggetto sulle cui capacità egli intende fare affidamento e nei confronti del quale non dispone di alcun potere di controllo.
La Corte precisa che, nel caso di specie, se il giudice del rinvio confermasse l'affermazione dell'RTI Del Debbio secondo cui la condanna penale del dirigente dell'impresa ausiliaria sulle cui capacità esso aveva inteso fare affidamento non figurava nell'estratto del casellario giudiziale consultabile dai soggetti privati, cosicché la normativa italiana non consentiva all'RTI Del Debbio di venire a conoscenza di tale condanna, non gli si potrebbe addebitare una mancanza di diligenza; di conseguenza, in tali circostanze, sarebbe contrario al principio di proporzionalità, enunciato all'articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, impedire la sostituzione del soggetto interessato da una causa di esclusione.
In definitiva la Corte ha risposto alla questione sollevata dichiarando che l'articolo 63 della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l'articolo 57, paragrafo 4, lettera h), di tale direttiva e alla luce del principio di proporzionalità, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale l'amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora un'impresa ausiliaria, sulle cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non veritiera quanto all'esistenza di condanne penali passate in giudicato, senza poter imporre o quantomeno permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto.