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Sentenze della Corte di Giustizia dell'UE

La sezione raccoglie gli estremi delle sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione europea (CGUE) che, dal mese di dicembre 2011, a seguito della loro pubblicazione sul sito della medesima, sono state trasmesse alle Camere dal Governo (Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri) e assegnate alle Commissioni parlamentari competenti per materia ai fini di un loro possibile esame, ai sensi dell'articolo 127-bis del Regolamento della Camera dei deputati.

Si tratta delle sentenze in cui lo Stato italiano o altro ente pubblico territoriale italiano sono parte - anche interveniente - nella causa dinanzi alla CGUE e delle sentenze relative a procedimenti avviati a seguito di rinvio pregiudiziale da parte di un'autorità giudiziaria italiana. Attraverso uno specifico collegamento ipertestuale è possibile consultare il testo integrale di ciascuna sentenza.
 

  • C-770/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/05/2024

    Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza dell'11 aprile 2024 nella causa C770/22 (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli contro OSTP Italy Srl), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che gli articoli da 43 a 45 del regolamento 952/2013/UE, che istituisce il codice doganale dell'UE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che prevede l'immediata esecutività delle sentenze di primo grado non ancora divenute definitive che riguardino risorse proprie tradizionali dell'Unione stessa.

  • C-509/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/05/2024

    Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 18 aprile 2024 nella causa C‑509/22 (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli contro Girelli Alcool Srl,), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che l'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio relativa al regime generale delle accise deve essere interpretato nel senso che:

     

    - la nozione di «caso fortuito», ai sensi di tale disposizione, deve essere intesa, al pari di quella di «forza maggiore», come riferita a circostanze estranee a colui che l'invoca, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l'adozione di tutte le precauzioni del caso;

     

    - affinché sia riconosciuta l'esistenza di un «caso fortuito», ai sensi di tale disposizione, occorre, da un lato, che la distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa sia dovuta a circostanze anormali, imprevedibili ed estranee all'operatore interessato, il che è escluso qualora tali circostanze rientrino nella sfera di responsabilità dell'operatore, e, dall'altro lato, che quest'ultimo abbia dato prova della diligenza normalmente richiesta nell'ambito della sua attività al fine di premunirsi contro le conseguenze di un tale evento;

     

    - esso osta a una disposizione di diritto nazionale che equipara in tutti i casi i fatti imputabili al soggetto passivo a titolo di colpa non grave al caso fortuito e alla forza maggiore. Tuttavia, qualora i fatti imputabili a titolo di colpa non grave che hanno comportato la distruzione totale o la perdita irrimediabile del prodotto sottoposto ad accisa siano stati commessi nell'ambito di un'operazione di denaturazione preventivamente autorizzata dalle autorità nazionali competenti, si deve ritenere che tale distruzione o tale perdita si sia verificata in seguito all'autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro interessato, cosicché essa non deve essere considerata un'immissione in consumo ai sensi dell'articolo 7 della direttiva 2008/118;

     

    - l'espressione «in seguito all'autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro», di cui al primo comma di tale disposizione, non può essere intesa nel senso di consentire agli Stati membri di prevedere in via generale che la distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall'accisa non costituisca un'immissione in consumo qualora risulti da colpa non grave.

  • C-316/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/05/2024

    Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza dell'11 aprile 2024 nella causa C316/22 (Gabel Industria Tessile SpA, Canavesi SpA contro A2A Energia SpA, Energit SpA, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), la Corte di giustizia dell'UE ha chiarito che:

    -       l'articolo 288, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a che un giudice nazionale disapplichi, in una controversia tra privati, una norma nazionale che istituisce un'imposta indiretta contraria ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta, salvo che il diritto interno disponga diversamente o che l'ente nei confronti del quale venga fatta valere la contrarietà di detta imposta sia soggetto all'autorità o al controllo dello Stato o disponga di poteri esorbitanti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra privati;

     

    -       il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che non permette al consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell'onere economico supplementare sopportato a causa della ripercussione operata da un fornitore, in base ad una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un'imposta che tale fornitore aveva indebitamente versato, consentendogli unicamente di intentare un'azione civilistica per la ripetizione dell'indebito contro detto fornitore. Ciò qualora il carattere indebito del versamento sia la conseguenza della contrarietà dell'imposta in parola ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta e tale motivo di illegittimità non possa essere validamente invocato nell'ambito di tale azione, in ragione dell'impossibilità di invocare in quanto tale una direttiva in una controversia tra privati.

  • C-276/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/05/2024

    Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA), VI COMMISSIONE (FINANZE), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 25 aprile 2024 nella causa C‑276/2022 (Edil Work 2 Srl, S.T. Srl contro STE Sàrl), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro che prevede, in via generale, l'applicazione del suo diritto nazionale agli atti di gestione di una società stabilita in un altro Stato membro, ma che svolge la parte principale delle sue attività nel primo Stato membro. La Corte precisa altresì che una restrizione alla libertà di stabilimento può essere ammessa solo se giustificata da motivi imperativi di interesse generale, purché essa sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo.

  • C-204/23

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/05/2024

    Commissione: IX COMMISSIONE (TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 25 aprile 2024 nella causa C204/2023 (Autorità di regolazione dei trasporti contro Lufthansa Linee Aeree Germaniche, Austrian Airlines, Brussels Airlines, Swiss International Air Lines Ltd, Lufthansa Cargo, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri), la Corte di giustizia dell'UE ha chiarito che l'articolo 11, paragrafo 5, della direttiva 2009/12/CE concernente i diritti aeroportuali, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in virtù della quale il finanziamento dell'autorità di vigilanza indipendente è garantito mediante l'imposizione di un contributo, a carico degli utenti degli aeroporti anche se:

    -       l'ammontare del contributo non sia correlato al costo dei servizi forniti da tale autorità, purché tale normativa sia conforme ai principi generali del diritto dell'Unione, di proporzionalità e di non discriminazione;

    -       gli utenti degli aeroporti non sono stabiliti nello Stato membro cui appartiene tale autorità o non sono costituiti secondo la legge del medesimo Stato.

  • C-178/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/05/2024

    Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 30 aprile 2024 nella causa C178/22 (procedimenti penali a carico di Ignoti con l'intervento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che l'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, deve essere interpretata nel senso che non osta a una disposizione nazionale che impone al giudice di autorizzare l'accesso, in sede di controllo preventivo e a seguito di una richiesta motivata presentata da un'autorità nazionale nell'ambito di un'indagine penale, a un insieme di dati relativi al traffico o all'ubicazione, idonei a permettere di trarre precise conclusioni sulla vita privata dell'utente di un mezzo di comunicazione elettronica e conservati dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica. Ciò laddove tale accesso sia richiesto ai fini dell'accertamento di reati puniti dal diritto nazionale con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni. Devono però sussistere sufficienti indizi di tali reati e i dati devono essere rilevanti per l'accertamento dei fatti. Inoltre il giudice deve avere la possibilità di negare detto accesso se quest'ultimo è richiesto nell'ambito di un'indagine vertente su un reato manifestamente non grave, alla luce delle condizioni sociali esistenti nello Stato membro interessato.

  • C-558/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/04/2024

    Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI), X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 7 marzo 2024 nella causa C‑558/22 (controversia tra, da un lato, l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente - ARERA - e, dall'altro, la Fallimento Esperia SpA e il Gestore dei Servizi Energetici SpA - GSE), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che:

    a) gli articoli 28, 30 e 110 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) devono essere interpretati nel senso che non ostano a una misura nazionale che:

    1) obbliga gli importatori di energia elettrica proveniente da un altro Stato membro, che non dimostrano che tale energia elettrica è prodotta da fonti rinnovabili presentando garanzie di origine, ad acquistare presso produttori nazionali certificati di attestazione dell'origine rinnovabile o energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in proporzione al quantitativo di energia elettrica che importano;

    2) prevede l'irrogazione di una sanzione in caso di inosservanza di tale obbligo, mentre i produttori nazionali di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili non sono tenuti ad un siffatto obbligo di acquisto;

    b) l'articolo 34 del TFUE, nonché la direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità e la direttiva 2009/28/CE (non più in vigore) sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, devono essere interpretati nel senso che non ostano alla predetta misura nazionale qualora si accerti che essa non eccede quanto necessario per raggiungere l'obiettivo di aumento della produzione di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili;

    c) gli articoli 107 e 108 del TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a detta misura nazionale, purché la differenza di trattamento tra i produttori nazionali di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e gli importatori di energia elettrica che non presentano alcuna garanzia di origine sia giustificata dalla natura e dalla struttura del sistema di riferimento del quale essa fa parte.

  • C-37/23

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/04/2024

    Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con ordinanza del 18 marzo 2024 nella causa C‑37/23 (controversia tra l'Agenzia delle Entrate e PR, notaio, in merito alla sua istanza di rimborso del 60% dell'IVA versata nel periodo compreso tra aprile 2009 e dicembre 2010), la Corte di giustizia dell'UE ha dichiarato che gli articoli 2, 206 e 273 della direttiva 2006/112/CE (cd. "direttiva IVA"), in combinato disposto con il principio di neutralità fiscale, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede, a favore dei soggetti passivi colpiti dal terremoto che ha interessato la regione Abruzzo, una riduzione del 60% dell'importo dell'IVA normalmente dovuto da tali soggetti passivi nel corso del periodo compreso tra aprile 2009 e dicembre 2010.

  • C-341/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/04/2024

    Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 7 marzo 2024 nella causa C‑341/22 (controversia tra la Feudi di San Gregorio Aziende Agricole SpA e l'Agenzia delle Entrate relativamente all'esercizio del diritto alla detrazione dell'IVA), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che:

    a) l'art. 9, par. 1, della direttiva 2006/112/CE (cd. "direttiva IVA") deve essere interpretato nel senso che non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo dell'IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d'imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell'IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone;

    b) l'art. 167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell'IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell'IVA assolta a monte, a causa dell'importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell'IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle.

  • C-10/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/04/2024

    Commissione: VII COMMISSIONE (CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 21 marzo 2024 nella causa C-10/22 (Liberi editori e autori - LEA contro Jamendo SA), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che l'art. 3, par. 2, della direttiva 2000/31/CE (relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno), e l'art. 16, par. 1 e par. 2, lettera d), della direttiva 2006/123/CE (relativa ai servizi nel mercato interno) devono essere interpretati nel senso che ostano a una legge di uno Stato membro che riservi l'attività di gestione dei diritti d'autore agli organismi di gestione collettiva, escludendo le entità di gestione indipendenti stabilite in altri Stati membri.

    Nel caso di specie, quindi, la normativa italiana che esclude dalla gestione dei diritti d'autore le società indipendenti stabilite in un altro Stato membro è incompatibile con il diritto dell'Unione europea e costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi non giustificata né proporzionata.

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