La Corte di giustizia si pronuncia sulle questioni pregiudiziali proposte dal Tribunale di Napoli e dalla Corte costituzionale nell'ambito di controversie aventi ad oggetto la successione di contratti di lavoro a tempo determinato nella scuola.
Tali controversie riguardavano in particolare successivi contratti stipulati da insegnanti e personale amministrativo per la copertura dei medesimi posti con i medesimi datori di lavoro (il Ministero dell'istruzione e, in un caso, il comune di Napoli) per un periodo di tempo complessivo che andava da un minimo di quattro anni a un massimo di undici anni. Gli attori nei procedimenti principali chiedevano la conversione dei rispettivi contratti in contratti di lavoro a tempo indeterminato o, in subordine, il risarcimento del danno subito.
Nell'ordinamento italiano, il ricorso a contratti a tempo determinato nel settore pubblico è disciplinato dal
decreto legislativo n. 165/2001 (in particolare, articolo 36, comma 5) e dal
decreto legislativo n. 368/2001, di
attuazione della direttiva 1999/70/UE (relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato). Quest'ultimo, all'articolo 5, comma 4-
bis, dispone la
trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato qualora, per effetto di successione di contratti a termine successivi, si superino i trentasei mesi. In base all' articolo 10, tale disposizione
non si applica ai contratti a tempo determinato per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA. A tale personale, limitatamente al settore della scuola statale, è applicabile, invece,
l'articolo 4 della legge n. 124/1999 che, in
combinato disposto con l'articolo 1 del D.M. 13 giugno 2007, n. 131 , disciplina le supplenze. In particolare, gli incarichi dei docenti e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) della scuola statale sono di tre tipi:
supplenze annuali, per posti vacanti e disponibili, in quanto privi di titolare, il cui termine corrisponde a quello dell'anno scolastico (31 agosto);
supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche (30 giugno), su posti non vacanti ma ugualmente disponibili;
supplenze temporanee o brevi, per ogni altra necessità. Infine, ai sensi degli articoli 399 e 401 del DM n. 131/2007,
l'accesso al ruolo del personale docente della scuola statale avviene
per il 50 per cento mediante concorsi per titoli ed esami e,
per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti nelle quali figurano i docenti che hanno vinto il concorso, senza ottenere un posto di ruolo e quelli che hanno seguito i corsi di abilitazione (
sistema del doppio canale). Per la chiamata dei docenti supplenti si attinge a tali graduatorie: la successione delle supplenze da parte di uno stesso docente ne comporta l'avanzamento in graduatoria e può condurlo all'immissione in ruolo.
I giudici del rinvio chiedono alla Corte se la normativa italiana sia compatibile con l'ordinamento europeo e in particolare con la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, la quale prevede che, per prevenire l'abuso del ricorso ad una successione di contratti a tempo determinato, gli Stati membri devono introdurre nei rispettivi ordinamenti specifici limiti con riferimento, in alternativa o cumulativamente: a ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei contratti; alla durata massima totale; al numero dei rinnovi.
In particolare, i giudici del rinvio chiedono se tale clausola possa essere interpretata nel senso che osta alla normativa nazionale che autorizza, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura dei posti vacanti e disponibili, senza indicare tempi certi per l'espletamento di tali concorsi ed escludendo qualsiasi possibilità di risarcimento del danno.
La Corte, in primo luogo, afferma l'applicabilità dell'accordo quadro allegato alla direttiva, e quindi anche della clausola 5, punto 1, al personale assunto nel settore dell'insegnamento. Pertanto, lo Stato italiano è obbligato ad introdurre almeno una delle misure indicate da tale clausola per limitare l'abuso del ricorso a contratti successivi. Esso dispone di un'ampia discrezionalità nella scelta delle misure da introdurre, tenendo conto anche delle esigenze di settori e di categorie specifiche di lavoratori. Inoltre, dal momento che la normativa europea non prevede specifiche sanzioni, spetta alle autorità nazionali, in questo caso all'Italia, adottare misure di carattere proporzionato, energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate. Pertanto, qualora si verifichi un ricorso eccessivo a contratti successivi, si deve potere applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, al fine di sanzionare l'abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione.
A tale proposito, ad avviso della Corte, è pacifico che la normativa italiana non presenti alcuna misura che limiti la durata totale dei contratti o il numero dei rinnovi (lettere b) e c) del punto 1 della clausola 5), ne' prevede norme equivalenti per la prevenzione degli abusi ai sensi della clausola 5, punto 1. In assenza di tali misure, il ricorso a contratti successivi deve essere giustificato da ragioni obiettive.
Per ragioni obiettive si intendono circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e sono, pertanto, tali da giustificare l'utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Tali circostanze possono risultare dalla particolare natura delle funzioni da esercitare, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità sociale.
Ad avviso della Corte, una disposizione nazionale che si limitasse ad autorizzare, in modo generale e astratto, il ricorso ad una successione di contratti a tempo determinato non sarebbe coerente con tale principio, non consentendo di stabilire criteri oggettivi e trasparenti per verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un'esigenza reale, se sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e se sia necessario a tale fine. Tuttavia, la normativa italiana che consente il rinnovo dei contratti a tempo determinato per la sostituzione, da un lato, del personale in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali e, dall'altro, del personale momentaneamente impossibilitato a svolgere le sue funzioni, non è in astratto incompatibile con l'accordo quadro: la copertura dei posti vacanti costituisce una ragione obiettiva che giustifica sia la durata determinata dei contratti sia il loro rinnovo. Tale normativa, inoltre, appare coerente con il perseguimento di obiettivi sociali (quali la tutela della gravidanza e la conciliazione degli obblighi familiari e professionali da parte degli insegnanti di ruolo) e permette allo Stato di adempiere all'obbligo di organizzare il servizio scolastico, garantendo la necessaria flessibilità per un adeguamento costante tra il numero dei docenti e il numero di studenti, elementi non sempre prevedibili a priori.
La Corte però aggiunge che l'osservanza della clausola 5, punto 1, lettera a), dell'accordo quadro richiede che si verifichi concretamente che il rinnovo di successivi contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato miri a soddisfare esigenze provvisorie. Nel caso di specie, in violazione di tale clausola, la normativa nazionale consente di soddisfare esigenze permanenti nelle scuole statali derivanti dalla mancanza strutturale di personale di ruolo, dal momento che non esiste alcuna certezza riguardo alla tempistica né dell'effettuazione delle procedure concorsuali né dell'immissione in ruolo dei docenti vincitori.
La normativa italiana non reca nemmeno misure sanzionatorie del ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato, in assenza di disposizioni che riconoscano il risarcimento del danno al personale delle scuole statali che sia stato indebitamente assoggettato a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato e non essendo consentita la trasformazione di tali rapporti di lavoro in contratti a tempo indeterminato.
Tale trasformazione per il lavoratore si realizza soltanto nella possibilità di essere immesso in ruolo per effetto dell'avanzamento in graduatoria, che, rivestendo carattere aleatorio, non può essere considerata sanzione a carattere sufficientemente effettivo e dissuasivo al fine di garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell'accordo quadro.
Sulla base di tali elementi, la Corte giudica la normativa italiana non conforme all'accordo quadro e dichiara che la clausola 5, punto 1, dell'accordo medesimo deve essere interpretata nel senso che osta alle norme italiane che autorizzano, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione del personale di ruolo nelle scuole statali, il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura dei posti vacanti e disponibili di docenti e personale amministrativo, senza indicare tempi certi per l'espletamento di tali procedure ed escludendo qualsiasi possibilità di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito. Tale normativa infatti non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti per verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad una esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tale fine né prevede alcuna misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti a tempo determinato.
Si segnala che la legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014, articolo 1, commi 4 e 5) destina specifiche risorse al finanziamento, tra l'altro, ad un piano straordinario di assunzioni nel settore della scuola.