La Corte di giustizia si è pronunciata in via pregiudiziale sull'interpretazione dell' articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE e succ. mod., concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, che non consente ad uno Stato membro di opporsi in via generale alla messa in coltura sul suo territorio di tali OGM nelle more dell'adozione di misure per gestire la coesistenza tra colture tradizionali, biologiche e OGM volte ad evitare la contaminazione accidentale di questi ultimi.
Tale interpretazione è altresì collegata alla raccomandazione della Commissione europea in materia del 2003 e alla raccomandazione del 2010.
La controversia è nata tra la Pioneer Hi Bred Italia Srl e il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali.
Il 18 ottobre 2006, la Pioneer Hi Bred Italia Srl aveva chiesto l'autorizzazione al Mipaaf alla messa in coltura degli ibridi di mais geneticamente modificati già iscritti nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 212/2001.
Il Mipaaf comunicava con una nota del 12 maggio 2008 (n. 3734) di non poter procedere alla relativa istruttoria nelle more dell'adozione, da parte delle Regioni, di norme atte a garantire la coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e transgeniche (come previsto dalla circolare MIPAAF del 31 maggio 2006).
Nell'ambito del suo ricorso diretto all'annullamento di detta nota, la Pioneer contestava sia la necessità di un'autorizzazione nazionale per la coltivazione di prodotti quali gli OGM iscritti nel catalogo comune, sia l'interpretazione dell'articolo 26 bis della direttiva 2001/18, secondo la quale la coltivazione di OGM in Italia non sarebbe consentita fino all'adozione degli strumenti normativi regionali idonei a garantire la coesistenza fra colture transegeniche, convenzionali e biologiche.
Il Consiglio di Stato ha sospeso il procedimento sottoponendo alla Corte la questione pregiudiziale oggetto della sentenza.
L'articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE stabilisce che gli Stati membri possono adottare tutte le misure ritenute opportune per evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti e che la Commissione raccoglie e coordina le informazioni sviluppando orientamenti sulla coesistenza di colture geneticamente modificate, convenzionali e organiche.
La raccomandazione della Commissione europea del 2003 afferma che la procedura di concessione definitiva dell'autorizzazione prevista dalla direttiva 2001/18 comprende eventualmente misure specifiche in materia di coesistenza miranti alla protezione della salute umana e dell'ambiente la cui applicazione è obbligatoria.
La raccomandazione del 13 luglio 2010, nel sostituire quella del 23 luglio 2003, ne riprende e sviluppa gli orientamenti.
L'articolo 20 del regolamento (CE) n. 1829/2003, relativo al regime degli alimenti e dei mangimi OGM, dispone che i mangimi geneticamente modificati che sono stati legalmente immessi sul mercato UE prima della data di applicazione del citato regolamento, possono rimanere sul mercato e continuare ad essere utilizzati e lavorati purché siano soddisfatte specifiche condizioni elencate nell'articolo.
L'articolo 16 della direttiva 2002/53 stabilisce inoltre che gli Stati membri vigilino affinché le sementi delle varietà già ammesse e iscritte nel catalogo comune non siano soggette ad alcuna restrizione di mercato per quanto concerne la varietà.
Secondo la Corte di giustizia UE l'articolo 26-bis della direttiva 2001/18 prevede per gli Stati membri solo una facoltà di introdurre misure di coesistenza.
L'emanazione da parte di uno Stato membro di un divieto in via generale di coltivazione degli OGM sarebbe pertanto contraria al regime previsto dal regolamento CE 1829/2003 e dalla direttiva 2002/53/CE, che garantiscono la libera e immediata circolazione dei prodotti autorizzati a livello comunitario e iscritti nel catalogo comune, una volta che le necessità di tutela della salute e dell'ambiente siano state prese in considerazione nel corso delle procedure di autorizzazione e di iscrizione.
Pertanto uno Stato membro, ai sensi dell'articolo 26-bis della direttiva 2001/18 può disporre restrizioni e divieti geograficamente delimitati, solo nel caso e per effetto delle misure di coesistenza realmente adottate. Viceversa uno Stato membro non può, nelle more dell'adozione di misure di coesistenza dirette a evitare la presenza accidentale di organismi geneticamente modificati in altre colture, vietare in via generale la coltivazione di prodotti OGM autorizzati ai sensi della normativa dell'Unione e iscritti nel catalogo comune.
n.b.:
La pubblicazione di uno studio condotto dal professor Gilles-Eric Seralini dell'università francese di Caen, che ha evidenziato il rischio di ffetti tossici - quali tumori ghiandolari, malattie a reni e fegato - legati al consumo di prodotti Ogm, ha riaperto il dibattito sul tema. In particolare, l'europarlamentare italiano Oreste Rossi (Lega) ha presentato un'interrogazione in cui chiede al Commissario per la salute John Dalli di attivarsi al più presto per sospendere le attuali autorizzazioni di Ogm sul territorio europeo e di valutare eventuali provvedimenti anche da parte dell'EFSA. L'On. Niccolò Rinaldi (Idv), da parte sua, ha auspicato che lo studio rappresenti "la pietra tombale sulla diffusione degli Ogm" affermando altresì che, ove coltivati, gli OGM contaminano anche i terreni vicini, distruggendo col tempo le coltivazioni tradizionali e tipiche di cui, peraltro, l'Italia è leader mondiale.