Con sentenza del 7 marzo 2024 nella causa C‑558/22 (controversia tra, da un lato, l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente - ARERA - e, dall'altro, la Fallimento Esperia SpA e il Gestore dei Servizi Energetici SpA - GSE), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che:
a) gli articoli 28, 30 e 110 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) devono essere interpretati nel senso che non ostano a una misura nazionale che:
1) obbliga gli importatori di energia elettrica proveniente da un altro Stato membro, che non dimostrano che tale energia elettrica è prodotta da fonti rinnovabili presentando garanzie di origine, ad acquistare presso produttori nazionali certificati di attestazione dell'origine rinnovabile o energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in proporzione al quantitativo di energia elettrica che importano;
2) prevede l'irrogazione di una sanzione in caso di inosservanza di tale obbligo, mentre i produttori nazionali di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili non sono tenuti ad un siffatto obbligo di acquisto;
b) l'articolo 34 del TFUE, nonché la direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità e la direttiva 2009/28/CE (non più in vigore) sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, devono essere interpretati nel senso che non ostano alla predetta misura nazionale qualora si accerti che essa non eccede quanto necessario per raggiungere l'obiettivo di aumento della produzione di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili;
c) gli articoli 107 e 108 del TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a detta misura nazionale, purché la differenza di trattamento tra i produttori nazionali di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e gli importatori di energia elettrica che non presentano alcuna garanzia di origine sia giustificata dalla natura e dalla struttura del sistema di riferimento del quale essa fa parte.