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  • C-433/21

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    Assegnata in data: 29/11/2022

    Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull'interpretazione dell'articolo 18 TFUE, letto in combinato disposto con il principio della libertà di stabilimento sancito dall'articolo 49 TFUE, e sono state presentate nell'ambito di due controversie nelle quali i fatti sono identici, ad eccezione degli esercizi fiscali di cui si discute, ossia l'esercizio 2005 nella causa C‑433/21 e l'esercizio 2004 nella causa C‑434/21, e che vedono contrapposte la Contship Italia SpA, in quanto società incorporante e succeduta alla Borgo Supermercati Srl, e l'Agenzia delle Entrate, in merito all'applicazione della disciplina fiscale antielusiva delle società di comodo.

     

    La normativa italiana vigente all'epoca dei fatti (articolo 30, comma 1, punto 5, della legge n. 724/1994) limitava il beneficio della causa di esclusione dell'applicazione del regime fiscale antielusivo delle società di comodo alle società ed enti i cui titoli erano negoziati sui mercati regolamentati nazionali. Successivamente, la legge n. 296/2006 estendeva l'ambito di applicazione di tale causa di esclusione, con effetto a partire dall'esercizio fiscale in corso il 4 luglio 2006, alle società ed enti che controllavano società ed enti i cui titoli erano negoziati in mercati regolamentati italiani ed esteri, nonché alle stesse società ed enti quotati ed alle società da essi controllate, anche indirettamente.

     

    Con due avvisi di accertamento, relativi agli esercizi fiscali 2004 e 2005, l'amministrazione tributaria italiana ha ritenuto, in applicazione del citato articolo 30 della legge n. 724/1994, che la Borgo Supermercati (Srl di diritto italiano detenuta al 100% dalla Eurokai KGaA, società quotata in borsa in Germania) soddisfacesse i criteri per poter essere considerata come una società di comodo e ha determinato il reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES) di detta società, ricostruendolo a partire dal valore dell'unico attivo detenuto da quest'ultima, vale a dire la partecipazione del 100% nel capitale della Mika Srl. La Borgo Supermercati ha dapprima proposto due ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Genova, che li ha respinti entrambi nella loro interezza, e in seguito due appelli dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Liguria, che li ha parzialmente accolti, statuendo che il fatto che la Borgo Supermercati fosse detenuta da una società quotata in borsa in Germania permetteva di estendere nei suoi confronti la citata causa di esclusione dell'applicazione del regime fiscale antielusivo delle società di comodo, il cui ambito di applicazione era limitato, alla data dei fatti in discussione, alle società direttamente quotate sul mercato regolamentato italiano. Tale interpretazione estensiva - a giudizio della Commissione tributaria regionale della Liguria - si sarebbe imposta in virtù del principio secondo cui è ragionevole ed opportuno interpretare la causa di esclusione relativa alla quotazione in borsa conformemente al principio di non discriminazione, a dispetto del fatto che il legislatore avrebbe previsto una siffatta estensione dell'ambito di applicazione dell'articolo 30, comma 1, punto 5, della legge n. 724/1994 soltanto a seguito della riforma introdotta dalla legge n. 296/2006.

    L'amministrazione tributaria e la Contship, che aveva nel frattempo incorporato la Borgo Supermercati, hanno proposto ricorso contro le decisioni della Commissione tributaria regionale della Liguria dinanzi alla Corte suprema di Cassazione, giudice del rinvio. Secondo la Contship, la società di diritto tedesco azionista al 100% della Borgo Supermercati avrebbe dovuto essere equiparata alle società ed enti i cui titoli erano negoziati in mercati regolamentati italiani, menzionati all'articolo 30, comma 1, punto 5, della legge n. 724/1994, nella versione applicabile ratione temporis ai fatti in discussione, e, pertanto, la controllata di detta società di diritto tedesco avrebbe dovuto essere esclusa ex lege dall'applicazione del regime fiscale antielusivo per le società di comodo. Infatti, a giudizio della Contship, un'interpretazione dell'articolo 30, comma 1, punto 5, della legge n. 724/1994, nella sua redazione antecedente alla legge n. 296/2006, che non seguisse l'approccio sopra descritto determinerebbe una discriminazione fondata sulla nazionalità del soggetto controllante e violerebbe la libertà di stabilimento nonché la libertà di iniziativa economica e commerciale in seno all'UE; tale interpretazione, inoltre, sarebbe confermata dalla modifica apportata all'articolo 30, comma 1, punto 5, della legge n. 724/1994 ad opera della legge n. 296/2006, che avrebbe in qualche modo reso conforme la normativa nazionale in questione ai principi dell'ordinamento giuridico dell'Unione.

     

    Il giudice del rinvio, chiamato ad occuparsi della questione, ha preliminarmente precisato, tra le altre cose, che il regime fiscale antielusivo previsto per le società di comodo dall'articolo 30 della legge n. 724/1994 si applica unicamente alle società di tipo commerciale a scopo di lucro, tra le quali vanno ricomprese anche le stabili organizzazioni di società estere e le società cosiddette «esterovestite», e che l'individuazione delle società soggette a detto regime fiscale avviene mediante l'applicazione di un test cosiddetto «di operatività», che si basa su una valutazione della produttività dei beni patrimoniali detenuti da tali società rispetto a parametri reddituali minimi predeterminati dalla legge. Pertanto, qualora una società dichiari per l'esercizio fiscale in questione un reddito inferiore alla somma che risulterebbe dall'applicazione di tali parametri di reddito minimo, l'assenza del carattere operativo di tale società è presunta e ciò porta alla determinazione del reddito imponibile sulla base del reddito minimo presunto dalla legge.

    Ha quindi ritenuto che la modifica apportata dalla legge n. 296/2006 non sia applicabile ratione temporis ai fatti in discussione nei procedimenti principali e che il tenore letterale dell'articolo 30, comma 1, punto 5, della legge n. 724/1994, nella formulazione anteriore a detta modifica, non permettesse di adottare un'interpretazione secondo cui l'estensione dell'ambito di applicazione della causa di esclusione corrispondente alle controllate delle società quotate, in Italia o all'estero, avrebbe potuto essere applicabile già all'epoca dei fatti di causa di cui trattasi.

    In tale contesto, il giudice del rinvio si è pertanto interrogato sulla compatibilità dell'articolo 30, comma 1, punto 5, della legge n. 724/1994, nella versione applicabile ai fatti in discussione nei procedimenti principali, con il principio di non discriminazione, letto in combinato disposto con il principio di libertà di stabilimento, sanciti, rispettivamente, all'articolo 18 e all'articolo 49 TFUE. Secondo il giudice del rinvio, da un lato, tale normativa è suscettibile di determinare una discriminazione in senso stretto tra le società emittenti titoli negoziati nei mercati regolamentati italiani e le società quotate in mercati esteri, e, dall'altro lato, la mancata estensione alle società madri quotate in mercati regolamentati italiani ed esteri della causa di esclusione in parola, potenzialmente foriera di un vantaggio fiscale, potrebbe risultare idonea a produrre una restrizione della libertà di stabilimento, con conseguente effetto dissuasivo nei confronti delle società che, pur non residenti e prive di stabili organizzazioni, intendano comunque esercitare la libertà di stabilimento secondario in Italia attraverso il controllo di società ivi residenti.

    Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia dell'UE la seguente questione pregiudiziale: se gli articoli 18 e 49 TFUE ostino ad una disciplina nazionale che, come l'articolo 30, comma 1, punto 5, della legge n. 724/1994, nella versione, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 296/2006, escluda dal regime fiscale antielusivo delle società non operative le sole società ed enti i cui titoli siano negoziati in mercati regolamentati italiani e non anche le società ed enti i cui titoli siano negoziati in mercati regolamentati esteri, nonché le società che controllano o sono controllate, anche indirettamente, dalle stesse società ed enti quotati.

     

    La Corte di giustizia UE ha, come prima cosa, ritenuto ricevibile la domanda pregiudiziale, nonostante il Governo italiano avesse eccepito la sua irricevibilità a motivo del carattere ipotetico della questione sollevata in ciascuna delle cause riunite. Secondo il Governo, infatti, la causa di esclusione dell'applicazione del regime fiscale antielusivo delle società di comodo prevista dall'articolo 30, comma 1, punto 5, della legge n. 724/1994 si applicava, alla data dei fatti in discussione nei procedimenti principali, unicamente alle società e agli enti i cui titoli erano negoziati sui mercati regolamentati italiani, e che, di conseguenza, la Contship, non avendo mai emesso titoli, né sul mercato italiano né su un mercato estero, non può sostenere che la normativa nazionale in discussione nei procedimenti principali costituisse una discriminazione nei suoi confronti.

    La Corte ha poi stabilito che, poiché le controversie riguardano una società italiana controllata da una società stabilita in un altro Stato membro, la disposizione pertinente al fine di valutare la compatibilità della normativa nazionale di cui trattasi con il diritto dell'Unione è l'articolo 49 TFUE e che, pertanto, non occorre procedere ad un'interpretazione dell'articolo 18 TFUE, bensì esclusivamente ad un'interpretazione dell'articolo 49 TFUE.

    Fatte tali premesse e considerata la normativa in discussione nei procedimenti principali, la Corte ha sostenuto che essa:

    - non produce alcuna disparità di trattamento tra una società detenuta da una società madre quotata su un mercato estero (in questo caso in Germania), come la Contship, e una società detenuta da una società madre quotata in Italia in quanto concede il beneficio della causa di esclusione dell'applicazione del regime fiscale antielusivo delle società di comodo unicamente alle società che sono esse stesse quotate sul mercato regolamentato italiano, indipendentemente dal fatto che una società sia la controllata di una società madre quotata in Italia oppure all'estero;

    - non favorisce le società detenute da società madri quotate sul mercato regolamentato nazionale, che desiderino beneficiare della causa di esclusione dell'applicazione del regime fiscale antielusivo delle società di comodo, e di conseguenza non produce nessun effetto dissuasivo per le società madri quotate su mercati esteri e quindi non è idonea ad ostacolare o a rendere meno attraente lo stabilimento, nel territorio italiano, di una società madre quotata su un mercato regolamentato estero. Qualora una società madre sia quotata sul mercato regolamentato italiano, osserva la Corte, la sua controllata non può beneficiare della causa di esclusione dell'applicazione del regime fiscale antielusivo delle società di comodo qualora tale controllata non sia essa stessa quotata, con il risultato che nessun trattamento fiscale vantaggioso per le controllate è subordinato alla condizione che le società madri siano quotate sul mercato borsistico nazionale.

    Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, la Corte dichiara che l'articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale la quale limiti l'applicazione della causa di esclusione dell'applicazione del regime fiscale antielusivo delle società di comodo alle sole società i cui titoli sono negoziati sui mercati regolamentati nazionali, escludendo dall'ambito di applicazione di tale causa di esclusione le altre società, nazionali o estere, i cui titoli non sono negoziati sui mercati regolamentati nazionali, ma che sono controllate da società ed enti quotati su mercati regolamentati esteri.

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