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Sentenze della Corte di Giustizia dell'UE

La sezione raccoglie gli estremi delle sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione europea (CGUE) che, dal mese di dicembre 2011, a seguito della loro pubblicazione sul sito della medesima, sono state trasmesse alle Camere dal Governo (Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri) e assegnate alle Commissioni parlamentari competenti per materia ai fini di un loro possibile esame, ai sensi dell'articolo 127-bis del Regolamento della Camera dei deputati.

Si tratta delle sentenze in cui lo Stato italiano o altro ente pubblico territoriale italiano sono parte - anche interveniente - nella causa dinanzi alla CGUE e delle sentenze relative a procedimenti avviati a seguito di rinvio pregiudiziale da parte di un'autorità giudiziaria italiana. Attraverso uno specifico collegamento ipertestuale è possibile consultare il testo integrale di ciascuna sentenza.
 

  • C-660/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 09/04/2024

    Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

  • C-636/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 10/01/2024

    Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 16 novembre 2023 nella causa C-636/22 la Corte ha stabilito che l'articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, in combinato disposto con il principio di uguaglianza davanti alla legge sancito all'articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dev'essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che preclude in maniera assoluta e automatica all'autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione di subordinare la consegna del cittadino di un paese terzo che risieda nel proprio territorio alla condizione che egli, dopo essere stato ascoltato, sia rinviato nel medesimo Stato membro per l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciata nei suoi confronti nello Stato emittente.

    La Corte ha altresì precisato che per valutare se occorra subordinare l'esecuzione del mandato d'arresto europeo emesso nei confronti del cittadino di un paese terzo che risieda nel territorio dello Stato membro di esecuzione alla condizione prevista da tale disposizione, l'autorità giudiziaria dell'esecuzione deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione di tale cittadino, idonei a indicare se esistano, tra quest'ultimo e lo Stato, legami che dimostrino che egli è sufficientemente integrato e che, pertanto, l'esecuzione, in detto Stato membro, della pena o della misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciata nei suoi confronti nello Stato emittente contribuirebbe ad aumentare le sue possibilità di reinserimento sociale dopo che tale pena o misura di sicurezza sia stata eseguita.

    Aggiunge la Corte che tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del paese terzo intrattiene con lo Stato membro di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno nel medesimo Stato.

  • C-270/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 10/01/2024

    Commissione: XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 30 novembre 2023 nella causa C‑270/22 (G.D., A.R. e C.M. contro Ministero dell'Istruzione e Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che la clausola n. 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso tra Confederazione europea dei sindacati (CES), Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità europee (UNICE) e Centro europeo dell'impresa a partecipazione pubblica (CEEP) e allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell'anzianità di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, escluda i periodi di servizio prestati nell'ambito di contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate, e limiti ai due terzi il computo dei periodi che raggiungano tali soglie e che eccedano i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio.

  • C-228/21

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 10/01/2024

    Commissione: I COMMISSIONE (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza nelle cause riunite C-228/21, C-254/21, C-297/21, C-315/21 e C-328/21 (Ministero  dell'Interno) la Corte ha stabilito che, in base  al regolamento di Dublino e al regolamento Eurodac, la consegna dell'opuscolo comune (uniforme in tutta l'Unione) d'informazione sulla procedura di asilo e sui diritti e  obblighi spettanti ai richiedenti, nonché lo svolgimento di un colloquio personale nel contesto della medesima procedura s'impongono tanto nell'ambito di una prima domanda di asilo quanto nell'ambito di una domanda successiva.

    D'altra parte, secondo la Corte, il giudice del secondo Stato membro non può esaminare se il richiedente rischi, dopo il trasferimento verso il primo Stato membro, di essere respinto verso il suo paese di origine.

    Tale conclusione può essere diversa solo se detto giudice constati carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti nel primo Stato membro.

    Divergenze di opinioni tra gli Stati membri in relazione all'interpretazione dei presupposti della protezione internazionale non dimostrano l'esistenza di carenze sistemiche. Ogni Stato membro deve ritenere, salvo circostanze eccezionali, che gli altri Stati membri rispettino il diritto dell'Unione e in particolare i diritti fondamentali riconosciuti da tale diritto.

  • C-196/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 10/01/2024

    Commissione: XIII COMMISSIONE (AGRICOLTURA), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 16 novembre 2023, C-196/22 (IB contro Regione Lombardia e Provincia di Pavia), la Corte di Giustizia dell'UE ha dichiarato che gli articoli 2 e 4 del regolamento (CE, Euratom) 2988/95, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, gli articoli 2 e 4 del regolamento (CEE)  2080/92 che istituisce un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo, nonché il principio di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale la quale preveda la decadenza totale dagli aiuti all'imboschimento e, pertanto, l'obbligo di procedere al rimborso integrale di tali aiuti, nonché l'esclusione totale dagli aiuti che avrebbero dovuto essere versati a titolo delle restanti annualità di impegno, per il caso in cui si constati, nel corso dell'esecuzione di un impegno pluriennale, che la superficie rimboschita sia inferiore del 20% rispetto alla superficie ammessa a titolo di tale impegno.

  • C-477/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 09/01/2024

    Commissione: XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 9 novembre 2023, C-477/22 (ARST SpA – Azienda regionale sarda trasporti contro TR, OS, EK, UN, RC, RS, OA, ZB, HP, WS, IO, TK, ME, SK, TF, TC, ND), la Corte di Giustizia europea ha dichiarato che:

    • l'articolo 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 561/2006, recante disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, deve essere interpretato nel senso che la nozione di "percorso" di linea che "non supera i 50 chilometri" corrisponde all'itinerario stabilito dall'impresa di trasporto, non superiore a tale distanza, che il veicolo deve percorrere su strada per collegare un punto di partenza a un punto di arrivo e per servire, se del caso, fermate intermedie preventivamente stabilite, al fine di effettuare il trasporto di passeggeri nell'ambito del servizio regolare cui è adibito;
    • il combinato disposto dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e dell'articolo 3, lettera a), del medesimo regolamento n.561/2006 (come modificato dal regolamento n. 165/2014), deve essere interpretato nel senso che tale regolamento non si applica alla totalità dei trasporti stradali effettuati dall'impresa interessata, qualora i veicoli adibiti al trasporto di passeggeri in servizio regolare siano utilizzati per coprire, in via principale, percorsi di linea non superiori a 50 km e, occasionalmente, percorsi di linea superiori a 50 km. Detto regolamento si applica solo quando tali percorsi sono superiori a 50 km;
    • l'articolo 6, paragrafo 3, del richiamato regolamento n.561/2006 (come modificato dal regolamento n.165/2014), deve essere interpretato nel senso che la nozione di "periodo di guida complessivamente accumulato in un periodo di due settimane consecutive", contenuta in tale disposizione, include solo il "tempo di guida", ai sensi dell'articolo 4, lettera j), di tale regolamento, ad esclusione di tutte le "altre mansioni", ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 5, del medesimo regolamento, svolte dal conducente nel corso di tali due settimane.
  • C-186/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 21/12/2023

    Commissione: IX COMMISSIONE (TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 19 ottobre 2023, C-186/22 (Sad Trasporto Locale SpA contro Provincia autonoma di Bolzano, nei confronti di Strutture Trasporto Alto Adige SpA A.G), la Corte di Giustizia dell'UE ha dichiarato che l'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia deve essere interpretato nel senso che tale regolamento non si applica a un contratto misto di servizi pubblici di trasporto multimodale di passeggeri comprendente il trasporto con tramvia, funicolare e funivia, anche in un contesto in cui il trasporto su rotaia rappresenta la parte maggioritaria dei servizi di trasporto affidati in gestione.

    La Corte ha altresì dichiarato che l'articolo 107, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che non configura «aiuto di Stato la compensazione di obblighi di servizio pubblico erogata a un operatore interno nell'ambito di un'aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri da parte di un'autorità competente a livello locale, calcolata sulla base dei costi di gestione che sono, da un lato, determinati tenendo conto dei costi precedenti del servizio reso dall'operatore uscente e, dall'altro, rapportati a costi o corrispettivi anch'essi relativi all'aggiudicazione precedente o, comunque, concernenti parametri standard di mercato riferibili alla generalità degli operatori del settore interessato. Ciò a condizione che il ricorso a siffatti elementi conduca alla determinazione di costi che riflettono quelli che un'impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata di mezzi necessari al fine di poter soddisfare le esigenze di servizio pubblico richieste, avrebbe dovuto sopportare per adempiere tali obblighi.

  • C-323/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/10/2023

    Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 7 settembre 2023 nella causa C‑323/22 (KRI SpA, quale incorporante della SI.LO.NE. - Sistema logistico nord-est Srl, contro Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), la Corte di giustizia dell'UE ha stabilito che l'articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, che prevedeva che il depositario autorizzato beneficiasse di un abbuono d'imposta per le perdite verificatesi durante il regime sospensivo, imputabili a casi fortuiti o di forza maggiore e accertate dalle autorità di ciascuno Stato membro, deve essere interpretato nel senso che l'abbuono d'imposta ivi previsto non si applica al depositario, responsabile del pagamento dell'imposta, in caso di svincolo dal regime sospensivo dovuto a un atto illecito, nemmeno qualora il depositario sia totalmente estraneo a tale atto illecito, imputabile esclusivamente a un terzo, e nutra un legittimo affidamento nella regolarità della circolazione del prodotto in regime di sospensione di imposta.

  • C-27/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/10/2023

    Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 14 settembre 2023 nella causa C-27/22 (Volkswagen Group Italia SpA, Volkswagen Aktiengesellschaft contro Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), la Corte si è pronunciata essenzialmente sull'interpretazione dell'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, norma di diritto primario dell'UE in base alla quale nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge (principio del ne bis in idem).

     

    Nello specifico, la Corte risponde in senso affermativo alla questione se le sanzioni irrogate per pratiche commerciali sleali siano qualificabili come sanzioni amministrative di natura penale. La Corte sottolinea che, ai fini della valutazione della natura penale dei procedimenti e delle sanzioni di cui trattasi, sono rilevanti tre criteri:

    • per quanto riguarda il primo, relativo alla qualificazione giuridica dell'illecito nel diritto interno, la Corte osserva che l'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali non si applica esclusivamente ai procedimenti e alle sanzioni qualificati come «penali» dal diritto nazionale, ma si estende anche – a prescindere da una siffatta qualificazione nel diritto interno – a procedimenti e sanzioni che debbano considerarsi come aventi natura penale;
    • per quanto riguarda il secondo criterio, relativo alla natura stessa dell'illecito, la Corte precisa che esso implica di verificare se la sanzione di cui trattasi persegua, in particolare, una finalità repressiva;
    • per quanto riguarda il terzo criterio, relativo al grado di severità della sanzione che l'interessato rischia di subire, la Corte ricorda che esso è valutato in funzione della pena massima prevista dalle disposizioni pertinenti.

     

    Alla luce di questi tre criteri, la Corte conclude che, benché sia qualificata come sanzione amministrativa dalla normativa nazionale, una sanzione pecuniaria irrogata a una società dall'autorità nazionale competente in materia di tutela dei consumatori in relazione a pratiche commerciali sleali costituisce una sanzione penale quando persegue una finalità repressiva e presenta un elevato grado di severità.

     

    La Corte risponde, poi, in senso affermativo alla questione se il principio del ne bis in idem osti a una normativa nazionale che consente il mantenimento di una sanzione pecuniaria penale inflitta a una persona giuridica per pratiche commerciali sleali nel caso in cui essa abbia riportato una condanna penale per gli stessi fatti in un altro Stato membro, anche se detta condanna è successiva alla data della decisione che  irroga la medesima sanzione ma è divenuta definitiva prima che la sentenza sul ricorso giurisdizionale proposto avverso tale decisione sia passata in giudicato.

     

    La Corte infine dichiara che è autorizzata la limitazione dell'applicazione del principio del ne bis in idem, in modo da consentire un cumulo di procedimenti o di sanzioni per gli stessi fatti, qualora siano soddisfatte tre condizioni:

    • il cumulo non deve rappresentare un onere eccessivo per l'interessato;
    • norme chiare e precise devono consentire di prevedere quali atti e omissioni possano essere oggetto di cumulo;
    • i procedimenti di cui trattasi devono essere stati condotti in modo sufficientemente coordinato e ravvicinato nel tempo.
  • C-197/22

    Consulta la sentenza su curia.europa.eu

    Assegnata in data: 17/10/2023

    Commissione: XII COMMISSIONE (AFFARI SOCIALI), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

    Con sentenza del 7 settembre 2023, C-197/22 (Commissione europea contro Repubblica italiana), la Corte di giustizia dell'UE ha constatato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù:

    • del combinato disposto dell'art. 4, par. 1, e dell'allegato I, parte B, della direttiva 1998/83 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, non avendo adottato misure volte ad assicurare il rispetto dei valori parametrici indicati in detto allegato, per quanto riguarda il livello di concentrazione dell'arsenico e fluoruro nelle acque di determinati Comuni della Regione Lazio;
    • dell'art. 8, par- 2, della medesima direttiva 1998/83 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, non avendo provveduto affinché fossero adottati quanto prima i provvedimenti necessari per ripristinare la qualità delle acque destinate al consumo umano.

    La Corte sottolinea tra l'altro che il ripristino della qualità delle acque destinate al consumo umano deve essere inteso come un obbligo di risultato, che impone agli Stati membri di fare in modo che venga ottenuta la conformità ai valori parametrici fissati dal diritto nazionale ad un livello almeno altrettanto rigoroso di quello richiesto a livello sovranazionale.

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